orari messe

Basilica Cattedrale di Santa Colomba

Basilica Inferiore di Santa Colomba

Tempio Malatestiano

Storia

Le origini del Tempio Malatestiano

Esterno

Scopri gli esterni del Tempio

Interno

Visita l'interno del Tempio.

Guida breve al Tempio Malatestiano

autore: Pier Giorgio Pasini
fotografo: Luciano Liuzzi
editore: ilPonte
numero pagine: 32
stampato: dicembre 2009
prezzo: 5 euro
informazioni: redazione@ilponte.com
Disponibile anche la versione in inglese

Disponibile in sacrestia a destra dell'altare

Storia

Clicca il tasto Play per ascoltare l’audioguida.

0:00 / 0:00
La Storia

 

Il Tempio Malatestiano divenne la Cattedrale di Rimini nel 1809. Di origine benedettina fondata dai monaci di Pomposa intorno al VIII e IX secolo con il nome di Santa Maria in Trivio passò ai francescani nel 1257 per volontà di Papa Alessandro IV, ampliandola e dedicandola a San Francesco. Nel corso dei secoli il convento francescano si espanse con edifici, chiostri e un’altra piccola chiesa ora sconsacrata.
Nel 1447 Sigismondo Pandolfo Malatesta la volle trasformare in un suo mausoleo dinastico, dove riunire insieme alla sua, le spoglie dei suoi antenati e di uomini illustri. Infatti i cospicui guadagni da condottiero papale diedero la possibilità al Signore di Rimini di rivoluzionare la Chiesa. I lavori durarono fino al 1460 dove Sigismondo, scomunicato dal Papa e sconfitto da Federico da Montefeltro a capo delle truppe pontificie nel 1462, non permise di ultimare i lavori tanto che i Francescani dovettero, completare il tetto, l’abside e costruire il campanile grazie alla carità dei nobili cedendo altari e tombe della chiesa. Fu dei Francescani fino al 1796 quando Napoleone soppresse l’ordine e nel 1809 divenne la Basilica Cattedrale di Santa Colomba comunemente chiamata Tempio Malatestiano. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu centrata dal bombardamento degli alleati distruggendo totalmente il tetto e l’abside e anche i due chiostri e gli edifici dell’attiguo convento francescano. Ricostruito tra il 1946 e il 1950 fu restaurato in seguito per l’anno santo del 2000 che lascia ammirare la Cattedrale così com’è oggi.
Il Tempio Malatestiano nonostante la sua incompiutezza è uno dei monumenti più importanti del primo Rinascimento, sia per l’architettura esterna (Leon Battista Alberti), sia per il ricco interno decorato da pregiatissime sculture (Agostino di Duccio e Matteo de’ Pasti), l’affresco di Piero della Francesca e il Crocifisso di Giotto. Scriveva Cesare Brandi nel 1956: “Forse non c’è monumento o appena la cupola di Santa Maria del Fiore, che abbia, come il Tempio Malatestiano, la possibilità e quasi il diritto di porsi a emblema stesso del Rinascimento”

 

Esterno

Clicca il tasto Play per ascoltare l’audioguida.

I lavori iniziati ufficialmente nel 1447 volevano riguardare solo la costruzione di due grandi cappelle gentilizie a sepolcro di Sigismondo e di Isotta degli Atti, sua terza moglie ma forse la stabilità dell’edificio convinsero il signore di Rimini alla scelta di un progetto più integrale. Sigismondo affidò i lavori all’architetto-umanista Leon Battista Alberti dal 1450 al 1560 che realizzò l’esterno in pietra d’Istria bianca influenzato dall’architettura romana della città. La facciata è ispirata palesemente alle forme dell’Arco d’Augusto che recupera il concetto teologico di Cristo porta (Gv 10,9) mentre la serie di volte lungo le parti laterali sono simili alle arcate del Ponte di Tiberio sotto cui avrebbero dovuto essere collocati i sarcofaghi delle personalità più illustri come quella del filosofo neoplatonico Giorgio Gemisto Pletone, ritenuto all’epoca uno dei più grandi intellettuali di tutti i tempi, che aveva fatto rinascere le scuole filosofiche dell’antica Grecia e i cui resti furono portati dal Signore di Rimini dalla campagna militare nel Peloponneso e posto primo sul lato destro. Una scritta latina in caratteri classici fila lungo la facciata e due iscrizioni greche sui fianchi ci comunicano che Sigismondo ha costruito questa chiesa nell’anno santo 1450 per voto fatto nelle “guerre italiche” e che è dedicata a Dio e alla città. Una cornice ad altezza uomo circonda la parte rinascimentale dell’edificio raffigurante varie simbologie della famiglia Malatesta: ovunque vediamo ripetuto il simbolo della S e della I intrecciate “SI” che è la prima sillaba del nome Sigismondo; l’elefante è simbolo di forza, potenza e imperturbabilità perché, come recita il motto di Malatesta Novello, elephas indus culices non timet, “l’elefante indiano non teme le zanzare”, a significare che le grandi persone non si curano dei fastidi recati da quelle piccole; la rosa rosa canina che attraverso la quale i Malatesta volevano attribuirsi la discendenza dalla famiglia romana degli Scipioni il cui simbolo era, appunto, la rosa a quattro petali “quadripetala” e gli scudi con impresse l’immagine degli scacchi e le teste dei tre mori (ovvero di infedeli, teste cattive, quindi “male teste”) Come è ben visibile l’edificio è incompiuto, solo una medaglia fusa da Matteo de’ Pasti ci dà una visione di come doveva essere la chiesa nel suo pieno splendore: un arco sulla sommità della facciata e con una grande cupola sul presbiterio.

Clicca il tasto Play per ascoltare l’audioguida.

] L’interno della Cattedrale di stile gotico è costituita da un’unica navata con capriate a vista, con otto cappelle ai lati e termina con un’abside semicircolare dove nella parete sud domina il grande Crocifisso di Giotto dipinto su tavola circa nel 1299. Nelle due cappelle laterali vicine al presbiterio, ricostruite più recententemente, ospitano in quella di sinistra la tela di Giorgio Vasari dipinta nel 1548 dove è rappresentato San Francesco che riceve le stimmate, e in quella di destra l’affresco di Piero della Francesca raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo datato 1451. Le altre sei cappelle più vicine all’entrata sono state costruite tutte tra il 1449 e il 1456, decorate armoniosamente da Agostino di Duccio e Matteo de’ Pasti. All’interno come all’esterno si denota un “ordine” che investe l’architettura della navata e la distribuzione della luce al suo interno, in cui la sequenza ritmica della diverse cappelle denota un forte asse prospettico che doveva concludersi in una grande cupola (mai realizzata), catalizzatrice proprio della luce quale metafora della presenza divina, un percorso interno da leggersi quale vero e proprio itinerario dell’anima verso la luce. La prima cappella a sinistra si chiama: la Cappella della Madonna dell’acqua, detta “delle Sibille”, in origine dedicata alla Passione contenete nel sarcofago in alto a sinistra i resti degli antenati della famiglia Malatesta, segue la Cappella dei Caduti, in origine sagrestia per le due cappelle attigue; poi la Cappella di San Gaudenzo, detta “dei giochi infantili” in origine forse dedicata a San Raffaele Arcangelo e infine la Cappella di San Giuseppe, detta “delle arti liberali”, in origine forse dedicata a sant’Agostino. La prima cappella a destra è dedicata a San Sigismondo, detta “delle Virtù cardinali e teologali”, segue la “ Cella delle Reliquie” contenenti i resti della divisa da condottiero di Sigismondo Pandolfo Malatesta, originariamente destinato a sagrestia e a tesoro; poi la seconda cappella detta “di Isotta” dove sopra al tabernacolo centrale vi è la statua di San Michele Arcangelo e sulla sinistra è collocata la tomba di Isotta; infine vi è la cappella di marmo rosso verona dedicata a Santa Colomba, in origine forse dedicata a San Girolamo, detta “ dei pianeti” con dei bassorilievi raffiguranti i pianeti e i relativi segni zodiacali. Il pavimento sotto la navata centrale è stato totalmente rifatto dopo la Seconda Guerra Mondiale in marmo rosso di Verona. Subito dopo entrati dal portone principale incastonato tra l’entrata, la cappella di San Sigismondo e l’acquasantiera vi è il sarcofago in marmo di Sigismondo Pandolfo Malatesta che nel 1468 morì all’età di 51 anni a causa di una malattia. L’opera fu realizzata dai toscani Bernardo Ciuffagni e Francesco di Simone Ferrucci, chiaramente la tomba non doveva essere collocata in quel luogo ma molto probabilmente nella facciata esterna sotto ad un arco.
Crocefisso di Giotto
E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: Tutto è compiuto! E, chinato il capo, spirò. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. (Gv 19,30.33-34) Il Crocifisso di Giotto nella Cattedrale di Rimini commissionato dai francescani è datato circa 1299 facendo ritenere che il soggiorno del Maestro a Rimini sia tra quello di Assisi (tra il 1290 e il 1297) e quello di Padova (tra il 1303 e il 1305). Il crocifisso ora è posto sopra l’altare maggiore, nell’abside che secondo la tradizione duecentesca era stata decorata con affreschi dallo stesso Giotto, distrutti verso il 1450 nel corso della costruzione del Tempio malatestiano, raffiguranti forse le Storie di san Francesco d’Assisi. I materiali che compongono questo capolavoro sono tempera e oro su tavola sagomata alta 430 cm e larga 303 cm. Posta sull’estremità superiore della croce di Gesù vi è un’iscrizione, detta titulus crucis, nella quale si legge: “IESUS NA/ZAREN (us) REX / IUDEORUM” cioè: “Gesù il Nazareno, Re dei Giudei”. Durante il Seicento il Crocifisso è stato modificato con ridipinture e mutilato degli apici dove erano rappresentate le figure del Risorto in alto, di Maria e Giovanni dolenti ai lati, poi venne sottovalutato fino al gran restauro del 1934 dove si riconobbe ufficialmente la paternità dell’opera a Giotto. Il Cristo crocifisso è morto, come si denota dalla ferita sul costato che gli venne inflitta da un soldato romano dopo il decesso. Appare come un’immagine lineare di grande naturalezza, realistica, sontuosa, impastata in uno chiaro-scuro ben definito che imprime un carattere di umanità. E’ un corpo sofferente accasciato, delicatamente riverso sulla destra, appena sostenuto dalle braccia, con il capo chino di tre quarti, con occhi e labbra non del tutto serrati. Le ginocchia e le gambe sono leggermente piegate e separate mentre i piedi appena si toccano. Le mani inchiodate nei palmi sono dolcemente contratte suggerendo l’accettazione pacifica dell’agonia escludendo una sorte drammatica. Un corpo d’uomo perfetto, un’immagine semplice e composta ad indicare il sacrificio dell’ uomo-Dio”. In occasioni rare dove la Cattedrale rimane completamente al buio, il corpo del Cristo sprigionerà ancora una luce fioca che annovera il Crocifisso tra le opere più immortali e splendide del Trecento Riminese.
San Francesco che riceve le stimmate. Tela di Giorgio Vasari
Nell’ultima Cappella di sinistra vi è la tela (500×250 cm) dipinta nel 1548 da Giorgio Vasari: San Francesco che riceve le stimmate che fu commissionato da Carlo Marcheselli, la cui famiglia fino al 1700 ha avuto lo jus patronato della cappella absidale, confermato dallo stemma sotto quello francescano alla base dell’arco absidale. Nel quadro ad olio viene rappresentato San Francesco in primo piano che riceve le stimmate durante la preghiera sul Monte Alverno, da Cristo sospeso che gli appare in forma di serafino. Il dipinto è caratterizzato da una luce immateriale e da un patos avvolgente.
Affresco di Piero Della Francesca
Nell’ultima cappella di destra è ora collocato il capolavoro di Piero della Francesca del 1451 Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo. L’affresco di forma rettangolare (345×257 cm), in precedenza era situato all’interno della Cella delle Reliquie nel muro sopra la porta d’ingresso ma nel 1944 per timore dei bombardamenti, fu trasferito su tela mediante strappo nella Galleria Nazionale di Bologna, dove rimase per qualche tempo, fino al suo ritorno a Rimini nel 1950. L’affresco è molto rovinato questo perché Piero ha compiuto la pittura ad affresco con diffusi interventi a secco, che gli hanno permesso l’uso di colori che altrimenti la calce presente nell’intonaco fresco avrebbe bruciato. Questa tecnica mista ha implicato lo staccarsi dei colori più brillanti e il mantenimento soltanto di quelle zone che erano state eseguite ad affresco: i volti, i festoni, i cani. I danni più gravi riguardano gli abiti, il tappeto, gli specchi marmorei sulla parete che fanno da sfondo. Nell’affresco è dipinto a sinistra San Sigismondo, Re dei Burgundi protettore del Malatesta, seduto su un trono soprastante un gradino, tenente in mano i simboli della sua nobiltà regale: nella mano destra lo scettro e in quella di sinistra il globo. Sul capo, oltre all’aureola da Santo, ha la berretta regale che ricorda quella di Sigismondo di Lussemburgo, l’imperatore che nel 1433 investì il Malatesta cavaliere e ne legittimò la successione dinastica, riconoscendo la signoria su Rimini e Fano. Al centro Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato sul gradino di profilo accetta dignitosamente l’investitura, nel margine destro dell’affresco vi sono due cani levrieri accucciati di estrema eleganza, uno bianco che simboleggia la fedeltà e l’altro nero che rappresenta la vigilanza. Sopra la testa di quest’ultimo vi è un medaglione con al suo interno rappresentata la fortezza riminese (quella dei Malatesta, Castel Sismondo) sotto ad un cielo terso, con una scritta per la data di costruzione all’interno della cornice tonda: CASTELLVM SISMVNDVM ARIMINENSE MCCCCXLVI Nella cornice inferiore vi sono varie scritte: sotto l’immagine di San Sigismondo “SANCTVS SiGISMVNDVS”; sotto l’immagine di Sigismondo “PANDVLFVS MALATESTA PAN. F.”; a destra, su due righe “PETRI DE BVRGO OPVS MCCCCLI”. I numeri “LI” (51) della data non si leggono più, ma l’iscrizione fu registrata integra sin dal 1794 in un’incisione di Francesco Rosaspina. L’opera evidenzia una linea discendente che va dalla figura rialzata di San Sigismondo al profilo del cane bianco, passando dall’orlo del mantello del Malatesta simboleggiando quasi un potere dato dall’alto e disceso sulla terra. Infatti l’intento della commissione di Sigismondo Pandolfo Malatesta aveva un valore oltre a quello religioso anche politico.

Cappella di S. Sigismondo. o delle Virtù (Prima a destra)

0:00 / 0:00
Cappella di San Sigismondo
La prima Cappella di destra consacrata a San Sigismondo è stata realizzata tra il 1447 e il 1452, sull’altare infatti vi è la statua del Santo, re guerriero di Borgogna, seduto su un trono formato da due elefanti (simboli dei Malatesta) ai lati della cappella due colonne sorrette da quattro splendidi elefanti in pietra nera connotate dalla presenza delle virtù cardinali (Fede, Speranza, Carità) e teologali (Fortezza, Prudenza, Temperanza, assente la Giustizia rappresentata dall’Arcangelo Michele nella successiva cappella) impersonificate, dove è esaltata l’azione dell’uomo virtuoso, il cui operato può specchiarsi in quello dell’uomo virtuso per eccelleza, il Cristo, disegnato in alto come un sole nella piccola abside. Incastonata tra l’entrata, la cappella di San Sigismondo e l’acquasantiera vi è la tomba in marmo di Sigismondo Pandolfo Malatesta che nel 1468 morì all’età di 51 anni a causa di una malattia.

Cappella della Madonna dell'acqua. delle Sibille e dei Profeti (Prima a sinistra)

0:00 / 0:00
Cappella della Madonna dell'acqua
Proprio al martirio di Cristo (o ai martiri) è dedicata la prima cappella di sinistra realizzata intorno al 1455, sui cui pilastri le rappresentazioni scultoree delle antiche sibille e dei profeti (Michea ed Isaia) che annunciano la venuta del Messia. Ora la Cappella è dedicata alla Madonna della Pietà, detta dell’acqua, invocata come protettrice contro le calamità naturali, raffigurata con una statua d’alabastro della prima metà del quattrocento in stile nordico. Alla sinistra della cappella, avvolto in un sontuoso panneggio di raffinatezza gotica vi è il sarcofago degli antenati e discendenti di Sigismondo con due bassorilievi che rappresentano le benemerenze della famiglia Malatesta nelle imprese culturali (il Trionfo di Minerva) e la gloria di vittorie militari con il Trionfo di Scipione l’Africano a cui i Malatesta facevano risalire il ceppo della loro stirpe. Nel 1862 su disegno dell’architetto Luigi Poletti rimaneggiò con delle dorature e tinte blu tutta la cappella dato che in costruzione il Tempio su sicuramente pensato oltre ai colori blu e oro, quelli rosso, verde e bianco (i colori malatestiani).

Cella delle reliquie. dei santi (A destra)

0:00 / 0:00
Cella delle Reliquie
Dopo le prime cappelle vi sono le due sagrestie, disposte simmetricamente all’interno dell’articolazione spaziale della navata a destra la Cella delle Reliquie (1448-1449) originariamente dedicata a sagrestia e a tesoro, ora custodisce elementi marmorei del Tempio, i resti provenienti dalla tomba di Sigismondo e la sinopia dell’affresco di Piero della Francesca. L’esterno decorato con rilievi marmorei fanno apparire una figura femminile in trono (Fortezza) e dai quattro evangelisti.

Cella dei caduti. degli eroi (a sinistra)

0:00 / 0:00
Cella dei Caduti
Sulla sinistra vi è la Cella della Beata Vergine Consolatrice (ora dei caduti), i rilievi che ornano il portale di sinistra sono figure delineate dalla nudità eroica tratti dalle storie dell’antico testamento e mitologia greco-romana: Gedeone, Sansone, Davide, Ercole. All’interno vi sono i nomi dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Ora vi è stato anche collocato l’antico crocifisso del campanile con lo stemma originario francescano.

Cappella di san michele arcangelo. di isotta o degli angeli (seconda a destra)

0:00 / 0:00
Cappella di San Michele Arcangelo


La seconda cappella di destra detta di Isotta realizzata tra il 1447 e il 1450, dedicata a San Michele Arcangelo reca infatti nel tabernacolo centrale la sua statua marmorea intento a sferrare un colpo di spada contro il demonio, che ai suoipiedi, sta ghermendo un’anima. Comunemente indicata come “cappella degli angeli musicanti” o “cappella di Isotta” in quanto vi è ospitato il monumento funerario di Isotta degli Atti amante e poi terza moglie di Sigismondo, sullo sfondo una tappezzeria marmorea con drappo azzurro e oro; sull’arca vi è scritto in latino: TEMPUS LOQUENDI TEMPUS TACENDI (Ecclesiaste 3,7). Sui pilastri varie formelle con sfondo azzurro di angeli musicanti con strumenti a fiato e a corda.

CAPPELLA DI SAN RAFFAELE ARCANGELO DEI PUTTI O DI SAN GAUDENZIO (Seconda a sinistra)

0:00 / 0:00
Cappella di San Raffaele Arcangelo
La seconda cappella di sinistra in corrispondenza con quella frontale, si trova la cappella dedicata a San Raffaele Arcangelo, connotata dal delicato gioco di putti inquadrati su formelle rettangolari, così come gli “antistanti” angeli musicanti. È questo lo spazio connotato dalla lode a Dio, là dove, da una parte gli angeli sembrano inneggiare, con i loro variegati strumenti musicali, il salmo 150, mentre dall’altra, i putti, ritratti in atteggiamento giocoso, appaiono rammemorare il salmo 8: “La tua maestà voglio adorare nei cieli, con labbra di pargoli e di lattanti”. Come già accennato la seconda cappella di sinistra è dedicata a San Raffaele Arcangelo ora detta Cappella di San Gaudenzo.

CAPPELLA DI SAN GIROLAMO. DEI PIANETI E SEGNI ZODIACALI (Terza a destra)

0:00 / 0:00
Cappella di San Girolamo
Ultima tappa di questo Itinerario della mente verso Dio è infatti lo spazio della contemplazione della bellezza del creato, testimoniato dalla Cappella di San Girolamo (la terza in sequenza a destra, denominata più comunemente come “cappella dei pianeti”) realizzata dopo il 1454 con una straordinaria rappresentazione del cosmo celeste (così come indicata da Plinio e da Tolomeo), in cui compaiono le raffigurazioni mitiche e umane dei pianeti da quello più vicino alla terra in basso a sinistra, la Luna, proseguendo con Mercurio, Venere, Sole (sulla chiave), Marte, Giove e per finire Saturno, affiancati dalle rispettive case zodiacali, sia notturne che diurne: Saturno con Acquario e Capricorno, Giove con Pesci e Sagittario, Marte con Scorpione e Ariete, Sole con Leone (unica casa diurna), Venere con Toro e Bilancia, Mercurio con Gemelli e Vergine e la Luna con Cancro (segno zodiacale di Sigismondo che tiene tra le chele la città di Rimini). Sulla chiave di volta dell’arco d’ingresso della cappella è scolpito un sole, chiaro rimando alla luce come generatrice del cosmo, capolavori assoluti di Agostino di Duccio e della scultura classica del Quattrocento. All’apice dei pilastri di questa cappella, si trova la rappresentazione di Apollo (chiaro rimando alla figura di Cristo sole, Cristo luce) che fronteggia Mnemosine, la madre di tutte le Muse, identificata con l’Architettura (F.Canali e C.Muscolino). Qui, a conclusione del viaggio, appare allora forte quel legame identitario di Cristo-luce, di Cristo-tempio, così caro all’immagine della Gerusalemme celeste (Apocalisse 21,23). Ora la cappella è dedicata a Santa Colomba da cui è nominata la Basilica dove al centro vi è il bassorilievo bronzeo dell’artista Piotr Stepanov del 2007.

CAPPELLA DI SANT’AGOSTINO. DELLE MUSE E DELLE ARTI LIBERALI (Terza a sinistra)

0:00 / 0:00
Cappella di Sant'Agostino
La terza Cappella di sinistra dedicata a Sant’Agostino (comunemente indicata come “cappella delle arti liberali”) realizzata dopo il 1450, che con l’intensa rappresentazione delle arti liberali e delle relative 17 muse ispiratrici più Apollo: 9 sono Muse, 7 più una, celebrano l’attività creatrice della Divina Sapienza, qui ampiamente declinata, secondo la consuetudine del tempo, in un linguaggio iconografico desunto dalla mitologia classica scolpite da Agostino di Duccio nel 1456. D’altronde, la presenza di cherubini sulla sommità dei capitelli delle colonne esterne, come su quella dei capitelli delle paraste che scandiscono lo spazio interno, vuole essere non solo una citazione dotta nei confronti del tempio di Gerusalemme (1Re 6,29), ma, ancora una volta, un chiaro rimando a quella Divina Sapienza di cui, secondo la Gerarchia Celeste di Dionigi Areopagita (VI sec.), gli stessi cherubini ne sono “effusione”: Divina Sapienza che, sin dall’inizio della creazione, è presente, significativamente, “al fianco” di Dio come archittetto-ordinatrice (Proverbi 27,30), oltre ad essere luce (Sapienza 7,26), che guida il “cammino” dell’uomo. Ora la cappella è dedicata a San Giuseppe con al centro una statua bronzea dell’artista Enrico Manfrini del 1999.

Special Event Request

To inquire about renting our beautiful venues please complete a Special Event Request Form, email art&history@example.com, or call our Facility Program Rental Manager at (617) 987 6543

Privacy Policy